La mafia è un tipo di organizzazione criminale organizzata. E' una delle più potenti forme di criminalità del mondo.

Nata nel sud Italia, la mafia si è propagata in varie regioni formando organizzazioni diverse in ogni regione. In Puglia è presente la Sacra Corona Unita, in Calabria la 'Ndrangheta, in Campania la Camorra e in Sicilia la mafia siciliana, anche detta Cosa Nostra. La mafia italiana è nata nel sud Italia ma ben presto si è radicata anche al nord e all'estero, basti pensare che negli Stati Uniti si era espansa Cosa Nostra negli anni '30. Ora è diffusa a livello internazionale, dove si occupa di traffico di droga, armi e gestione della prostituzione. In Italia è infiltrata anche nello Stato e si occupa di corrompere i politici offrendo soldi per favorire dei propri affiliati, riscuotere il pizzo ai commercianti e di fare ricatti e minacce.

Per parlare delle origini della mafia si può descrivere come è nata in Sicilia. "Cosa nostra" nacque nei primi anni del XIX secolo dal ceto sociale dei massari, dei fattori e dei gabellotti, che gestivano i terreni della nobiltà siciliana, avvalendosi dei braccianti che vi lavoravano. Cosa nostra, come tutte le altre mafie, nacque per la scarsa presenza dello Stato sul territorio, ed iniziò ad assumerne le funzioni. Era gente violenta, che faceva da intermediario fra gli ultimi proprietari feudali e gli ultimi servi della gleba d'Europa e, per meglio esercitare il proprio mestiere, si circondava di scagnozzi. Questi gruppi divennero rapidamente permanenti assumendo il nome di "sette, confraternite, partiti, cosche".

Il primo documento storico in cui viene nominata una cosca di stampo mafioso è del 1837, nel quale il procuratore generale di Trapani, Pietro Calà Ulloa, riferisce ai suoi superiori a Napoli dell'attività di strane sette o fratellanze dedite ad imprese criminose e che corrompevano anche impiegati pubblici:

« Vi ha in molti paesi delle unioni o fratellanze, specie di sette che diconsi partiti, senza colore o scopo politico, senza riunione, senza altro legame che quello della dipendenza da un capo, che qui è un possidente, là un arciprete. Una cassa comune sovviene ai bisogni, ora di fare esonerare un funzionario, ora di difenderlo, ora di proteggere un imputato, ora di incolpare un innocente. Sono tante specie di piccoli governi nel governo. La mancanza della forza pubblica ha fatto moltiplicare il numero dei reati. Così come accadono i furti escono i mediatori ad offrire transazione pel ricuperamento degli oggetti involati. Il numero di tali accordi è infinito »

(Rapporto giudiziario del procuratore generale Pietro Calà Ulloa)

Nel 1863 Giuseppe Rizzotto scrive, con la collaborazione del maestro elementare Gaspare Mosca, I mafiusi de la Vicaria, un'opera teatrale

in siciliano ambientata nelle Grandi Prigioni di Palermo che aveva come protagonisti un gruppo di detenuti che godevano «di uno speciale rispetto da parte dei compagni di prigione perché mafiosi, membri come tali di un'associazione a delinquere, con gerarchie e con specifiche usanze, tra le quali veri e propri riti di iniziazione». È a partire da questo dramma, che ebbe grande successo e venne tradotto in italiano, napoletano e meneghino, che il termine mafia si diffonde su tutto il territorio nazionale.

Lo sviluppo della criminalità organizzata in Sicilia è sostanzialmente attribuibile agli eventi contemporanei e successivi all'Unità d'Italia, in particolare a quella che fu l'acuta crisi economica da questa indotta in Sicilia e nel Meridione d'Italia. Infatti lo Stato italiano, non riuscendo a garantire un controllo diretto e stabile del governo dell'isola (la cui organizzazione sociale era molto diversa da quella settentrionale), cominciò a fare affidamento sulle cosche mafiose che, ben conoscendo i meccanismi locali, facilmente presero le veci del governo centrale, facendo anche da tribunale. Infatti se qualcuno subiva un torto o un furto si affidava alla famiglia mafiosa locale che aveva una funzione giudiziaria.  Però i mafiosi non si occupavano solo di gestire il territorio, ma praticavano l'estorsione del pizzo e si assicuravano che fosse mantenuta l'omertà, cioè che venisse mantenuto il silenzio su ciò che accadeva, usando la violenza. In quegli anni aumentò il numero di omicidi anche nei paesi più piccoli. I boss di zona erano chiamati uomini d'onore perchè godevano di rispetto da parte degli altri dettato soprattutto dalla paura.

La struttura mafiosa

La mafia, per esempio quella siciliana ha varie articolazioni diramate nella regione d'origine. Queste articolazioni sono le varie famiglie (dette anche “clan”) di mafiosi che si spartiscono il territorio. Negli anni ottanta la città di Palermo era “controllata” da varie famiglie mafiose che esercitavano il loro potere nei in quartieri della città tra di loro spartiti mentre gli altri clan esercitavano il loro potere sulle altre province, più precisamente quelle di: Trapani, Agrigento, Caltanissetta e Catania.

Uno dei clan più importanti era quello dei corleonesi, cioè di cui facevano parte i boss che erano nati a Corleone, anche se il clan comprendeva inoltre molte altre famiglie.

L'iniziazione di un nuovo membro a una cosca mafiosa avveniva e avviene tutt'ora secondo dei rituali dove bisogna fare dei giuramenti e altri rituali cruenti (nella 'ndrangheta calabrese si usava bere il sangue di un confratello come rito di iniziazione). I modi per fare questi riti venivano trasmessi a voce oppure registrati su videocassette. Inoltre le organizzazioni mafiose hanno delle leggi interne che vengono rispettate. Anch'esse venivano comunicate nello stesso modo.

Dal processo alla mafia tenutosi a Palermo che durò dal 1986 al 1992 e condannò un centinaio di persone al carcere si scoprirono molte cose su quest'organizzazione criminale, come il fatto che fosse presente una “commissione provinciale” (dai giornalisti chiamata anche cupola), che in Sicilia si occupava di gestire i traffici e gli omicidi di Cosa Nostra e inoltre che fossero rispettate le leggi interne ad esse. Questa commissione era composta da un gruppo ristretto di persone (dai 3 ai 6) che provenivano da vari clan. Ogni persona si chiamava capo mandamento. Questa commissione decideva se approvare o meno i vari omicidi effettuati dalla mafia, infatti nessun affiliato poteva commettere un assassinio senza prima riferirlo alla cupola.

Al giorno d'oggi la mafia mantiene gran parte dei caratteri originari, sebbene ci siano stati alcuni cambiamenti, ora però è più nell'ombra, infatti i giornali non ne parlano molto, agisce in silenzio e diventa sempre più potente, anche infiltrandosi all'interno dello stato.

Nel corso del tempo molti si sono battuti per arginare questo fenomeno, per esempio venne costituito il pool antimafia negli anni '80 fondato dal Giudice Rocco Chinnici e composto anche da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Antonino Caponnetto, Giuseppe di Lello e Leonardo Guarnotta.Anche altri come l'agente Boris Giuliano e il generale Dalla Chiesa vennero uccisi dalla mafia.